lunedì 13 agosto 2007

Accursio Capraro della Gazza Ladra di Modica. Ragione e Sentimento

Se un gourmet volesse meritarsi tale appellativo, dopo aver ammirato il Barocco siciliano così come interpretato dal Ristorante Duomo, laboratorio gastronomico di Mastro Sultano a Ragusa, dovrebbe, a distanza di 20 km circa a Modica, provare anche un altro laboratorio gastronomico: il ristorante La Gazza Ladra dello Chef Accursio Capraro. Spetta infatti a questa giovane promessa ( ormai certezza ) dell'arte gastronomica siciliana l'onere di tenere alta la bandiera della Contea di Modica, dove, da almeno cinque secoli, un'intera Comunità è proiettata a dimostrare la propria superiorità nei confronti della più blasonata vicina Ragusa, appena tollerata Capoluogo di provincia. A dimostrarlo la Chiesa di San Giorgio, capolavoro del Barocco siciliano, cominciata nel 1730 e terminata dopo più di un secolo ( 1842 ), costruita in aperta concorrenza con l'omonimo Duomo di Ragusa.
Oggi invece le due città, sul piano artistico si confrontano a suon di pietanze.. ..come dimostra questo pacchero con ragù di triglia, zucchina estiva e le sue punte ( in Sicilia: tenerumi ) che mi ricorda una bellissima coreografia che qualche anno fa presentò a Taormina Arte il grande francese Béjard per ambientare il classico scespiriano, Sogno di una notte di mezza estate. In particolare il pacchero ricorda Oberon, il re delle fate, in sembianze di albero al momento del suo risveglio nel bosco, con i rami che scivolano pensantemente lungo il fusto per poi riacquistare la vitalità necessaria a riconquistare l'amata Titania..
..la sala de La Gazza Ladra benificia dell'abile intuizione dell'architetto ( ho dimenticato di chiedere il nome ) che alternando il nero del marmo del pavimento e delle sedie in finocchietto con il bianco del tovagliato in puro lino e delle ceramiche tedesche dei piatti, ha donato un respiro razionale ad un ambiente dove l'attenzione senza sforzo è totalmente focalizzata sulle pietanze, un pò come essere in una galleria d'arte..
Ed ecco, mentre serve il Viaggiatore Gourmet ( alias Claudio Sacco ), il sommelier Shingo Nagai, 32 enne giapponese di Osaka, arrivato in Italia 7 anni fa per studiare a Firenze l'arte Rinascimentale, ".. mi piaceva di più girare per le osterie toscane - ci rivela - ad imparare i segreti della cucina e dell'enologia del Bel Paese, piuttosto che osservare il Campanile del Brunelleschi.." Due anni fa Accursio Capraro lo ha conosciuto durante un seminario di cucina italiana tenuto in Giappone, Shingo gli faceva da interprete, svelandogli l'amore per l'Italia. Accursio non si è fatto pregare, e così Shingo ( che nel frattempo si è anche sposato ed ha portato la giovane moglie giapponese in Italia) è entrato a far parte della squadra della Gazza Ladra
Intanto un'entrée che è anche un biglietto da visita delle tematiche che caratterizzeranno il percorso gastronomico proposto da Accursio Capraro e denominato Menu La Gazza Ladra. Un paninetto appena cotto con all'interno un olio particolarmente fruttato, un grissino con aglio e peperoncino avvolto con cetriolo e pomodoro e cagliata di lattughina, ossia formaggio fresco di pecora appena cagliato ( allo stadio intermedio tra il latte e la ricotta ), ed un bicchierino di acqua tonica fresca con bergamotto. Troviamo il territorio ragusano, ma anche quello siciliano come l'olio d'oliva extra vergine di Castelvetrano ( Trapani ) la Nucciddara dell'azienda agricola Consiglio. Un olio le cui olive vengono raccolte anticipatamente rispetto la tradizione al fine di contenerne il carico acido, senza sacrificarne il complesso arcobaleno di profumi. Accursio valorizza anche prodotti, come il bergamotto calabrese, che soltanto la cocciutaggine di un Popolo duro, così come descritto da Corrado Alvaro in Gente d'Aspromonte, poteva tenere ancora in vita nonostante l'esile domanda di mercato. Un territorio, quello meridionale, proposto con i suoi frutti e le sue tradizioni ( il pane con l'olio è uno dei grandi aperitivi del Mediterraneo ) con la competenza di chi ha studiato. Se infatti esistesse una laurea nel diventare cuochi, certamente Accursio l'avrebbe già ottenuta. A dargliela, professionisti tristellati ( aggettivo derivante dall'aver ricevuto tre stelle dalla Guida Michelin, massimo riconoscimento della ristorazione mondiale ) come Massimiliano Alajmo dove Accursio si è formato per 18 mesi ( mezza laurea ) e chef conosciuti in tutta Europa come Pietro Leemann del ristorante Joia di Milano, tempio della cucina vegetariana ( altra mezza laurea )..
il milanese Claudio Sacco prende nota per la guida on line dei ristoranti d'eccellenza che sta preparando..
il sommelier Shingo ( ma lo chiamano Calogero ) comincia la scelta dei vini che ci accompagneranno con un vino .. non siciliano.. il che ovviamente non ci sconcerta, ma va segnalato soltanto perché è ormai costume dei più noti ristoranti siciliani proporre soltanto vini siciliani, attività promozionale che a volte maschera carenze enologiche anche notevoli.. ma Calogero non è uno che si nasconde, e ci propone un pinot grigio in purezza di provenienza dolomitica, si tratta del Graminè dell'azienda Longariva. E' come avere una rosa in bocca..
..la tecnica di Accursio comincia a farsi sentire con una leggera e croccante sfogliatina di grano duro su cui si accomoda sontuosamente un'elegante ed equilibrata tartara di tonno. Punto di partenza l'immancabile olio e pomodoro, a ricordare la forza di un territorio che si conferma con decisione con..
..anguria, sorbetto di ricci di mare, sciroppo di rose e capelli d'angelo, appena essiccati e poi leggermente passati nell'olio bollente e quindi soffiati
Ignazio Giurdanella, 24 anni di Modica, perito elettronico ma da sette anni in sala, sposato con un figlio in arrivo, è il maitre della Gazza Ladra. Lo vediamo nella foto in piedi di profilo tra Accursio Capraro e Claudio Sacco. Ci presenta il pane grissini, paninetti, sfoglie... ogni giorno vengono aromatizzati con spezie ed aromi diversi..
ed ecco una mousse di carne su giardinetto di misticanza. La carne è cruda, assolutamente di manzo e naturale. Dentro una ricotta di pecora che al palato ricorda la consistenza di un patè, e poi erbette aromatiche e le verdure che in Sicilia crescono spontaneamente dovunque, petali di fiori ( una concessione estetica ) ed un pò di sale di Maldon e semi di papavero. Al palato una partenza fresca, merito della carne, declinante verso una pastosità - quella della ricotta - la cui dolcezza che ti aspetti rimane in embrione, appena accennata, per poi essere sorpresi ed incalzati dall'esplosione in bocca degli enormi cristalli salini di Maldon, come le piccole pennellate rosse del campo di papaveri di Monet, su uno sfondo tenue, color della misiticanza. Verdurine - queste- che da bambino rubavo al mio grande gatto che ogni giorno le trafugava nel grande giardino della casa delle vacanze estive.. avevo scoperto, infatti, che le conservava dentro stivali segreti per poi barattarle con le fate della foresta..
A riportarci in noi, Calogero il samurai, con un bianco figlio di uve chardonnay e carricante coltivate dall'azienda Gulfi a Chiaramonte Gulfi, a pochi chilometri dalla Gazza Ladra. Un ritorno a casa forse un pò troppo sapido.. che conferma però la veracità del vitigno. Infatti l'impetuoso scirocco che, come i pirati arabi dei secoli scorsi, flagella dall'Africa le coste siciliane, deposita sui vitigni il sale marino che durante il suo viaggio scippa alle acque del Canale di Sicilia
Bignè al nero di seppia e latte di mandorla. I filetti di seppia sono cotti in olio a 60 gradi, la tecnica - conosciuta ad una minoranza di chef "eletti" - è quella dell' oliocottura. Non unge, non frigge e cuoce in 30 minuti. Alla tecnica di Accursio segue poi la mia riflessione con in bocca il bignè che reagisce alla penetrazione dei miei canini riversando copiose quantità di nero che inondano la mia lingua, il palato e le gengive con la stessa foga delle onde del mare quando sbattono contro gli scogli. Poi arrivano delle consistenze, pezzetini di seppia. Gli stessi adagiati soavamente su un candido letto di latte di mandorla. Il gioco dei colori, bianco e nero, simpatizza vistosamente con i colori della sala, ma la mandorla, con la sua ruvida dolcezza, corteggia la seppia con l'ardore di Romeo Capuleti, ma lei, a differenza di Giulietta, preferisce flirtare con il bignè, nuotando tra il nero delle seppie, ridotto con un pomodorino che gli dona un riflesso amaranto ed una sapidità rubata alla tradizione della cucina meridionale Di questo pacchero bucolico ho già parlato, spendo qualche altra parola soltanto per specificare
che gli spaghetti sono di zucchina estiva ( quella lunga lunga ), tagliata fine e poi sbollentata. Aggiunta anche della polvere di peperoncino, mentre il ragù di triglia, ripieno del pacchero, conteneva anche pomodorini confit, capperi ed ancora zucchine
Aggiungo soltanto che questa pietanza, per costruzione estetica mi ricorda una pietanza che ho visto sul sito di Claudio Sacco, Viaggiatore Gourmet. Si trattava di un dolce elaborato dalla giovane pasticcera dell'Enoteca Pinchiorri di Firenze, Loretta Fanella, dal titolo il prato.
Purtroppo questa foto non rende giustizia ( Claudio Sacco ha una macchina da 3.500 euro, io da 150.. ) a queste lasagnette di pasta all'uovo e ceci con gamberi. Tra gli strati troviamo una mousse di olio d'oliva extra vergine emulsionata con farina di carrubbo ed un'aggiunta di filamenti di zucchina estiva e gamberi. La salsa a specchio è fatta con il contenuto delle teste dei gamberi centrifugati con pomodorini, mentre i pigmenti verdi sono fiori di zucca impollinati e quindi cresciuti. Questi ultimi sono un pò problematici da reperire perché le zucchine generano sia fiori maschi che femmine ( queste ultime sono quelle usate nella ristorazione ) e non sempre le api od i bombi si prestano ad impollinarli.. ci devono pensare i contadini manualmente oppure, all'interno delle serre, s'immettono api che fungono da stalloni.. l'amarostico della testa del gambero valorizza la dolcezza delle verdure, mentre la pasta della lasagnetta è sufficientemente leggera a non interrompere il flusso dei sapori ben contestualizzati da un olio molto fruttato e poco acido che Accursio utilizza a mani basse in molte sue creazioni..
Si tratta dell'olio biologico Furgentini, prodotto dall'azienda olearia Giorgio Avola, proveniente da olive della qualità tondo iblea e moresca, raccolte a mano dagli alberi piantati nei terreni di Frigentini, a pochi chilometri dalla Gazza Ladra, e molinate a freddo Il giovane Accursio, 31 anni il 12 agosto, non disdegna neanche qualche piatto trend.. come questo risotto alle erbe, pollo ficatum e tuma ovina. Il riso è il migliore: Carnaroli, ma il pollo è davvero interessante.. ficatum perché nell'ultimo mese di vita viene ingrassato con fichi secchi, i quali caricano di zuccheri i muscoli dell'animale, sbiancandoli e rassodandoli, pare che già lo facessero gli antichi egizi.. la provenienza dei polli è sicura e non siciliana. Trattasi di Franco Cazzamali, macellaio in Cremona, uno che ha contribuito alla fortuna di chef come Alajmo e che ha segnato una strada per tanti suoi colleghi.. Accursio ha comunque donato un pò di sicilianità alla pietanza con la tuma sicula, formaggio derivante dal latte di pecora intero crudo, appena fermentato con caglio di agnello, salato il giorno dopo e messo in commercio senza stagionatura ( il casaro è Mario Candido di Modica bassa ). A tal proposito un pastore mi ha spiegato come si fa il caglio, almeno secondo la tradizione: si riempe di latte di pecora la parte iniziale dello stomaco dell'agnello ( da latte ) dopo averlo pulito a seguito della sua macellazione. Dopo un pò di tempo il latte si solidifica a causa dell'azione di enzimi presenti nelle pareti dello stomaco dell'agnello che rompono la proteina del latte ( caseina ), scindendo la parte grassa da quella liquida che andrà evaporando. Mentre quella grassa costituirà il caglio che al bisogno, disciolto ed allungato con acqua, verrà utilizzato per lievitare naturalmente formaggi pregiati come la tuma sicula
Filetti di dentice all'acqua di mare, pistilli di zafferano e patate. Il tecnico Accursio cucina il pesce sottovuoto per non fargli perdere i liquidi che ne detengono bontà e nutrimento. La patata oltre che un ruolo di sostegno del filetto riesce a mantenersi neutra, consentendo all'olio Furgentini, alle alghe, allo zafferano ed all'erbette di pungolarlo senza mai sovrastarlo. Ennesima prova di muscoli ( tecnici) di Accursio
Anche la pietanza a base di carne è una dimostrazione di tecnica di Accursio. Una bistecca, infatti, cotta in olio per due ore a 60 gradi di temperatura.. con un patè di melanzane e peperoni a corollario con le tradizionali erbe, salvia, timo e rosmarino a ricreare un ambiente da barbecue.. A Calogero non poteva sfuggire l'occasione per esibire un altra sua scoperta. Un Etna rosso, proveniente da Nerello Mascalese, che cresce sui terreni vulcanici di Randazzo a 750 metri d'altezza dal mare. L'azienda vinicola Calabretta ha una lunga storia e da qualche anno, così come i vari produttori della zona dell'Etna, ha imboccato una strada di qualità. Calogero ha servito il vino ad una temperatura di servizio fresca, a mio avviso troppo fresca, quasi fredda, il che non mi ha consentito di cogliere a pieno i sentori di questo vino che presenta sicuramente note speziate
Ed ecco un pre-dessert originale, non a base di gelato, ma di formaggio. Millefoglie di caciocavallo, fichi e noci. Il caciocavallo siciliano, nella sua versione dop è un formaggio derivante da latte di vacca - nel nostro caso - di razza modicana. Accursio lo ha preferito semi stagionato, qundi non particolarmente sapido e ben contrastato dalle delicate marmellate di fichi e noci
Con i dolci Calogero il samurai propone un Aleatico toscano dell'azienda Massa Vecchia. I grappoli d'uva vengono raccolti durante un periodo di due mesi, uno dopo l'altro, man mano che appassicono sui fili degli impianti a cordone speronato. Ancora una volta il sommelier sorprende proponendo, in terra di Sicilia dove imperano vini dolci famosi nel mondo come il Marsala e la Malvasia, un originale vino biologico che asseconda la pasticceria della Gazza Ladra, senza quegli eccessi zuccherini che molte volte relegano buona parte dei vini dolci siciliani al ruolo di chiusura del pasto
L'altro pre-dessert è un must della ristorazione siciliana: sorbetto di gelsi. La versione di Accursio prevede anche la presenza di vinacce, una fettina di pesca tabacchiera infilata a bastoncino su una base di latte schiumato..
Ed ecco un ritorno alle tecniche di Accursio. Uovo à la coque con biscotto al caffè. Il bianco, ossia l'albume è di latte di mandorla, il giallo, cioè il tuorlo, è confettura di albicocche. La costruzione del piatto rimanda alle colazioni di una volta, quando non imperava la moda delle merendine confezionate. Il biscotto al caffè ricorda un trancetto di pane di casa, alla destra dell'uovo, a simulare il sale, pezzetti mandorle tostate e zuccherate
La mandorla non presentava gli stucchevoli eccessi di alcune pasticcerie siciliane ed anche la consistenza possedeva una densità quasi identica a quella dell'albume dell'uovo che imita. Bagnarci poi il biscotto è stato davvero un piacere che dalla fanciullezza non mi accadeva di rivivere
Un interessante gelato al cioccolato ed extravergine, nocciola e caffè a completare il panorama dei dolci. A dir il vero quest'ultimo un pò meno convincente degli altri. Gli ingredienti infatti si miscelavano, perdendo le peculiarità iniziali, senza mai raggiungere però le vette dei predecessori. Forse Accursio ascolta i miei pensieri, così arriva anche un altro dolce una simpatica ed impegnativa cassatina, ripiena con una mousse di ricotta di pecora ( il ripieno di ricotta si differenzia dalla tradizione siciliana perché contiene meno zucchero e più latte ), alla base una mousse di pistacchi ed al cuore un gelo di ciliege e cioccolata. Il marzapane della copertura è di pistacchio di Bronte e mandorle modicane, da non confondersi con la tradizionale glassa zuccherosa di una certa pasticceria siciliana ancora arretrata. Non mancava a decorare la copertura una scorzetta d'arancia candita. Accursio ha studiato anche i dolci e l'arte pasticcera siciliana. Ora scopriremo chi è stato il suo Maestro..
.. ed ecco le coccole che per Accursio vogliono anche essere un tributo al suo Maestro: Corrado Assenza, pasticcere in Noto, presso il Caffè Sicilia
Accursio a fine cena ci presenta la giovane moglie, la 26 enne Oriana Aprile. Sua ispiratrice e forza ma anche preziosa collaboratrice in cucina, dove occupa con autorevolezza il ruolo di pasticcera
Dopo il congedo da Accursio e la sua band abbiamo anche apprezzato l'ospitalità di Palazzo Failla che deve il suo nome alla famiglia proprietaria e gestrice di un piccolo numero di stanze, arredate secondo lo stile dei palazzi nobiliari siciliani dei secoli passati, con una attenta direzione da parte della signora Claudia, campionessa di cordialità ed ospitalità ed a cui consiglio di rivolgersi nel caso si volesse trascorrere una permanenza a tono con il livello della cucina di Accursio Capraro.

domenica 5 agosto 2007

Ciccio Sultano del Ristorante Duomo di Ragusa Ibla, il Barocco Siciliano nel piatto

Ciccio Sultano chef e patron, insieme al socio gourmet Angelo Di Stefano, del ristorante Duomo di Ragusa Ibla, da tempo è noto alle cronache gastronomiche nazionali. Di lui si è scritto molto e lo stesso peraltro mostra notevole capacità mediatica ben supportata da una forte personalità. Così durante l'ultimo anno ho deciso di provare più volte la cucina di Sultano, per comprendere se lui possa costituire, quasi incarnare, il prototipo dell'artista gastronomico. Peraltro le visite hanno anche costituito occasioni utili per approfondire meglio le conoscenze del Barocco Ibleo. Lo scorso 2 agosto ho fatto visita a Sultano, in compagnia di Claudio Sacco, il Viaggiatore Gourmet di Altissimo Ceto che, in preparazione della guida online ai ristoranti italiani di massimo livello, ha ritenuto quella da Sultano una tappa obbligata. Al suono del gong Sultano ci ha sorpreso con un uno-due che avrebbe messo ko anche il più severo dei gourmet Il diretto al volto è giunto per mezzo di Fettine di tartufo nero di Palazzolo Acreide ( l'amico di Ciccio Sultano che lo trova sotto terra, stando attento a non farsi scoprire per non rivelare i luoghi segreti della raccolta, ricorda che si chiama scorzone estivo ) e di pane tostato con all'interno gelato freddo al gusto dello stesso scorzone.. ..mentre il gancio al mento - a completare l'entreé - è giunto da un must dell'arte di Sultano: caviale asetra con miele di corbezzolo sopra filetto di ricciola e ricotta Ad accompagnare, un ottimo champagne proposto dal sommelier Claudio Marrale, 45 anni di Ragusa, di cui gli ultimi 26 trascorsi in sala e presso le migliori cantine a scoprire quei vini che durante il nostro percorso ci hanno accompagnato abbinandosi alle singole pietanze assecondandole se non addirittura valorizzandole.. ..tornando alle due entreé, presentavano le seguenti caratteristiche: lo scorzone possedeva quel profumo tipico che soltanto chi ha avuto la fortuna di conoscere il tartufo può immaginare. Il taglio a fettina inoltre gli donava una sorta consistenza al palato a metà tra la croccantezza della foglia di pane tostato e la quasi morbidezza del gelato, il quale con le sue freschezza da un lato lasciava pulita la bocca, dall'altro l'addolciva fissando nelle papille ancora una volta i sentori del tartufo siciliano. Ancora più netto, nella seconda, il contrasto di consistenze e temperature che esplodeva in bocca come un fuoco d'artificio multicolore. Il sapido del caviale, la cui consistenza si rompe in bocca e t'introduce alla dolcezza del miele di corbezzolo per poi declinare rapidamente verso una ricciola morbidamente carnosa fino a raggiungere l'agognato arrivo con una ricotta che ti rimbalza verso i ricordi di un'infanzia in cui un padre, mio papà, mi portava in braccio ad assaggiarla, ancora calda, direttamente dalle mani grandi grandi del formaggiaro..
immersi in un mondo fantastico e bombardati da emozioni violente..
e Claudio Sacco, alias Viaggiatore Gourmet, sembra testimoniarlo..
..il sommelier ci propone un ottimo zibibbo, ma non quello della tradizione siciliana, minimo 18 gradi, stucchevolissimo ed ormai blando ricordo presente soltanto nelle osterie di periferia, ma uno zibibbo in purezza cresciuto a Pantelleria, macerato a freddo, fermentato e maturato in contenitori d'acciaio dall'azienda De Bartoli. Si chiama Pietra Nera ( chi conosce Pantelleria intuisce il motivo..), è fresco, nitidi e costanti i profumi che gli consentono di accompagnare pietanze la cui peculiarità dev'essere la sapidità del mare, possibilmente quella del Canale di Sicilia..
Lo Zibibbo di De Bartoli accompagna così una serie di tartare di pesce.. da quella con l'anguria ed il suo succo servito tiepido che contrasta con la rotellina ghiacciata..
.. a quella di tonno, con ventresca di tonno, foglia di riso e salsa all'uovo al Marsala ( De Bartoli, il Vigna La Miccia invecchiato 5 anni ).. .. la ventresca in particolare dona al palato una consistenza originale, sembra prima gonfiarsi in bocca, ma non per scoppiare dopo, piuttosto si rompe mantenendo un'inaspettata elasticità, quasi fosse una chewing gum .. la salsa all'uovo poi presenta al palato una soavità che non ha nulla a che vedere con il gusto dell'uovo cui siamo abituati ed i sentori di un elegante marsala completano l'opera.. .. ma Ciccio è un fiume in piena e le sue tartare non ti concedono tregua... così il cucchiaino di madreperla sfiora la bocca posando sulla lingua un gamberone rosso di Mazara inumidito da una salsa di corallo setosa.. .. proposto su una tartara che a differenza di quelle normali non ti confonde con asprezze varie, mantenendo un equilibrio assoluto.. nel frattempo il maitre prepara un'altra delizia ecco il maitre: Giuseppe Romano, messinese di 34 anni, recente e valido acquisto della squadra di Sultano.. ed ora un capolavoro: due piccoli petti di piccione, croccanti come fossero speck, ma molto più morbidi e dal sapore più elegante, adagiati su una patata molto leggera che nasconde un'ostrica. Il cucchiaio ti obbliga ad un unico boccone.. fortunamente! Anche dalla foto si nota sui petti di piccione la presenza di sale di Maldon ( dal nome della località inglese da cui proviene dove venti impetuosi ne provocano la formazione in cristalli molto grandi a forma di piramide che non solo donano croccantezza alla pietanza ma si sciolgono anche ritardatamente generando all'interno della bocca inaspettate esplosioni d'acquolina ).. una sapidità che apre un bocconcino che una sapiente armonia poi chiude con la stessa tonalità, quella salina del mare provocata dall'ostrica che in bocca ti lascia mare.. il sommelier intanto presenta il Sinestesìa, una riuscita sintesi di uve siciliane quale l'Inzolia e francesi quale il Sauvignon blanc proposta dalla nota azienda vinicola Abbazia Sant'Anastasia. Anche qui macerazione fredda, fermentazione e maturazione in acciaio e poi in bottiglia. Ennesimo sintomo dell'abbandono crescente da parte delle più attente aziende vinicole siciliane dell'uso smodato delle barrique che nel tempo hanno omologato ed appiattito i profumi della nostra Terra.. Da Ciccio Sultano gli spaghetti si fanno in casa, come tutta la pasta proposta agli ospiti. Se poi viene saltata leggermente in padella per acquistare un sapore autonomo, adagiata su un fondo di carote e sormontata da una tartara di tonno ed una bottarga di livello strepitoso, ecco che ci viene servita l'ennesima opera d'arte gastronomica....al ristorante di Ciccio Sultano ed Angelo Di Stefano non si bada soltanto alla cucina, ma anche a tutti gli altri particolari che gli hanno consentito di ricevere dalla prestigiosa guida Michelin la seconda stella, unico locale dalla Campania in giù. Posateria Sambonet, poltrocine Frau, tovaglie in lino, cristalli Spiegelau, ceramiche bianche tedesche di qualità e soprattutto un servizio dai tempi europei. Già perché mangiare lentamente non significa attendere le pietanze chissà per quanto tempo, piuttosto gustarle con i tempi dovuti. E da Sultano la parola d'ordine tra una pietanza e l'altra è massimo 2/3 minuti d'attesa. L'acqua nel bicchiere è sempre fredda così come il tovagliolo è sempre pulito. Particolari che fanno la differenza e costituiscono un giusto contorno ad una cucina di livello Ed ecco un simpatico spuntino con gli ingredienti appartenenti alla cultura gastronomica di questa Isola: acciughe, bottarga, piselli, formaggio ragusano dop, sfoglia tostata di pane, olio d'oliva e.v. ( quello buono, il Pianogrillo di Lorenzo Piccione, coltivato a Chiaramonte Gulfi, ossia a due passi dal laboratorio di Ciccio Sultano ) . Ci trovi il mare e la terra con i loro frutti, che l'uomo con maestria trasforma in bottarga, pane e formaggio. Strumenti che suonano armonicamente uno degli spartiti composti e diretti dal quell'infallibile direttore d'orchestra che si rivela Ciccio Sultano ad ogni sua esecuzione Ed ecco un altro single che compone lo splendito LP ( Lunch Play anziché Long Play ) che Ciccio Sultano esegue a richiesta presso la sua Bottega ( secondo l'antico nome dei laboratori artigianali del Barocco siciliano ): crackers con filetto di ricciola ripieno di fegatini di pesce e fave di cacao.. dal croccante passi al morbidoso della ricciola, per poi scontrarti con il dolce-amaro dei fegatini, esaltato ed asciugato dal cacao.. ..la nostra Terra offre anche lenticchie di grande qualità ( famose quelle di Ustica, presidio Slow Food e Pantelleria ) e piccoli maialini di una razza derivata da secoli di selezione naturale ed abitante allo stato brado sui Monti dei Nebrodi, nella parte settentrionale della Sicilia. Si tratta del maialino nero dei Nebrodi, le cui cotiche ornano e danno gusto insieme alle lenticchie agli spaghetti di Casa Sultano.. un'altra opera fotografata da Claudio Sacco..

il Quale mostra i portenti della sua nuova macchina fotografica ad un curioso Ciccio Sultano


Intanto l'Officina di Ciccio continua a sfornare opere d'ingegno, come questa triglia maggiore (ossia di scoglio), ripiena di impasto a beccafico secondo la tradizione palermitana, con pane cunsatu con pomodorini secchi e peperoncino. Il tutto su un brodo di limone ghiacciato. Ancora una volta Ciccio dimostra di padroneggiare le tecniche. Il limone ghiacciato infatti impreziosisce la triglia senza aggredirla con la sua peculiare acidità, intanto il ripieno della triglia cede il dolciastro tipico dell'impasto a beccafico ( uva sultanina e pinoli tra gli ingredienti ) che trova una trincea naturale nel piccante del peperoncino sulla sfoglia di pane. Così il gioco delle consistenze varia acrobaticamente tra il croccante della sfoglia di pane, al liquido del brodo, al morbido della triglia al pastoso del ripieno.. un crescendo che non è un trionfo da finale dell'opera soltanto perché ancora altri atti devono venire..

.. gambero(ne) rosso su insalata di mare caldo su fonduta di bufala e pois di pomodoro aggrappato ad una cialda di riso ai frutti di mare... il gamberone era perfetto, come soltanto chi conosce le tecniche della conservazione di questo pregiato abitante del mare riesce a fare. Infatti il gambero rosso, già dopo poco essere stato pescato produce naturalmente ammoniaca che puntualmente ci procura bruciori fastidiosi e persistenti alla bocca, la quale per sua natura presenta quasi sempre piccole abrasioni alle labbra, alla lingua, al palato.. alcuni sostengono che la colpa sia dei pescatori che già sulle barche versano sui gamberi quantità di ammoniaca per conservarli. A me sembra strano che i pescatori versino una sostanza per sua natura non commestibile su un prodotto destinato al consumo umano.. eppure a sostenerlo ho ascoltato con le mie orecchie fior di maitre.. sarà?!?
Tornando a questa pietanza e dopo aver scoperto un'altra capacità di Sultano, ossia quella di far conservare la freschezza anche a prodotti estremamente delicati come il gambero, non possiamo non citare l'insalata di seppioline e totani bolliti ( ma prima leggermente scottati sulla piastra per farli arricciare ) oltre che la leggerezza della finta pizza, con la mozzarella di bufala che a mala pena denunziava la sua tipica sapidità a tutti noi nota, addolcita da macchie di pomodori pachino e basilico. Eppoi il croccante, come vuole lo schema Sultano, dalla cialda di riso.. .. finalmente arriva la pasta! Già, perché finora - starete pensando - avevamo giocato? Sinceramente non pensavo che si potesse mangiare così tanto.. ma tutto dipende da ciò che si mangia.. ( d'altra parte è così in generale per qualunque situazione nella vita ) ed in questo caso, quando mi sono stati presentati questi spaghetti con i ricci e asparagi su ostriche belon de belon, mi sono spontaneamente inumiditi gli occhi e mi sono lanciato con un impeto di felice curiosità, come Darwin alla vista della Galapagos.. a scoprire nuove creature, anzi creazioni divine.. dice Ciccio: "..il vegetale del mare si sposa molto bene con il vegetale della terra..", il riccio e l'asparago "..un piatto - riprende Ciccio - tra mare e terra.. più mare che terra!.."
Pollo, petto e coscia, con la sua salsa ai fiori di sambuco e rosa canina, con un tortino ragusano ed un gelatino di fegatini di pollo.. e poi mentuccia maiorchina, menta bergamotta, timo, maggiorana.. questa volta Ciccio dimostra che l'alta cucina può anche partire da un pollo. Basta cucinarlo conoscendone il comportamento a contatto con le alte temperature, un sapiente sposalizio con profumi vegetali e floreali, un'estrazione chirurgica del suo fegatino, base di un gelatino che Ciccio ha imparato a saper fare da Vincenzo Corallo, suo maestro e grande pasticcere ragusano, ed infine un tortino dalla tradizione ragusana, rivisitata ed allegerita. Insomma basta poco, a parte tutta l'arte di Ciccio Sultano..

..il vino cambia, ed ecco Sua Maestà il Nero d'Avola. In purezza. Questo è vinificato dall'azienda Gulfi. Ma i vitigni vengono dai terreni tra Noto e Pachino, dove si esprimono al loro massimo livello.. questi in particolare sono cresciuti in contrada Baronj, una delle quattro della Cantina Gulfi Intanto cambiano i coltelli.. .. la lama è tagliente e porta la firma del padrone di casa.. Ed ecco dove affondarla. Maialino nero dei Nebrodi (in verticale la costoletta e di fianco una parte di filetto ) carammellato al carrubbo e ripieno di farcia ragusana in salsa di melone cantalupo e finocchietto gratinato con patata al forno. Ancora una volta si torna bambini, alle prese con un'infanzia seminata da ricordi di maialini allo spiedo, meloni ghiacciati, finocchi appena colti e patate grigliate. All'ombra degli alberi di carrubbo.. tutta la mia infanzia in un piatto..








.. ci pensa un sorbetto di gelsi.. quelli dell'albero di casa di Ciccio, con panna montata ed una cialdina, accompagnato da un finissimmo Marsala De Bartoli a bloccare i mei ricordi verso una deriva malinconica, riportandomi nel paradiso dei sapori ritrovati.. Sua Eminenza il Cannolo, con la ricotta delle pecore iblee, i pistacchi di Bronte, gelato di mandorle pizzute di Avola, su una zuppetta tiepida di fichi d'india.. stavolta è proprio un finale da champions league.. sembra di udire il canto.. " these are the champions.. these are the champions".. c'è anche qualche coccola, casomai non fosse bastato l'affetto fino a quel momento ricevuto.. Per la cronaca i babaini erano superiori a quelli provati presso le migliori pasticcerie napoletane.. Ciccio ci mostra il suo piccolo orto, a dir il vero sembra una scusa per farci vedere ciò che in questo momento gli da parecchia soddisfazione.. Mohito ( con l'acca precisa Ciccio ) che per la verità è una birba di sei mesi di vita che a volte.. fa preoccupare Ciccio più di un pranzo per il Re di Francia. Già.. perché quello, Ciccio lo sa fare. Eccome!