sabato 30 giugno 2007

Graziella Borrello, Franco e Pippo. Tre fratelli, un'unica filosofia: quella del mangiar sano (e molto bene)

Per conoscere questa bella e brava cuoca, venendo da Messina si deve imboccare l'A20 e proseguire per 76 chilometri in direzione Palermo ed uscire alla svincolo Brolo/Capo D'Orlando Est. Immettersi poi nella SS114 sempre in direzione Palermo e dopo 3 chilometri prendere la SP146bis in direzione del Comune di Sinagra che sarà raggiunto dopo 10 chilometri circa. Una volta superato in direzione di Ucria a circa 3 chilometri sulla sinistra della carreggiata troveremo la trattoria dei Fratelli Borrello, la cui sorella Graziella è la regina incontrastata della cucinaLa trattoria offre ai suoi clienti pietanze prodotte con materie prime di sicura qualità. In particolare il maialino nero dei Nebrodi, specie autoctona che i Borrello allevano allo stato brado la cui identificazione è stata possibile soltanto grazie all'impegno dell'intera Comunità nebroidea, di Slow Food che lo tutela e lo ha innalzato agli onori nazionali e di tanti gourmet e chef non solo siciliani che propongono il maialino nero dei Nebrodi nelle ricette più importanti Salami, prosciutti, costate, lombate, salsicce, involtini.. insomma tutto quello che di buono il maialino nero dei Nebrodi può dare i fratelli Borrello lo riescono ad ottenereMa i Monti dei Nebrodi danno anche formaggi di grande spessore, ed i Fratelli Borrello lo sanno, conoscono la Terra dove sono nati e riescono a tirar fuori il meglio, come la Provola al limone verdello che la Chef Graziella ci spiega: "il latte è di vacca, la cui alimentazione però deve essere esclusivamente a base di erbette aromatiche tipiche dei Nebrodi, il caglio sicuramente di capretto.. ..prima di cominciare la stagionatura la provola vedrà al suo interno un limone verdello che nel tempo profumerà con i suoi odori quest'apprezzato formaggio
Graziella ha preparato per noi la pecora al sugo che poi abbiamo provato con i maccheroni freschi ( Pasta 'i casa ). Ecco la ricetta: "soffriggere tocchi di carne di pecora con cipolla, sedano, peperoni e qualche foglia di alloro. Dopo aggiungere la passata di pomodoro fresco. Due ore di cottura ed il piatto è pronto"Ecco il menu. Sorprendente la pecora in tegame alla birra.. ..nulla da invidiare ad un giovane brasato delle Langhe
Franco è un altro dei fratelli Borrello. Sa fare di tutto, taglia la carne come i migliori macellai ed arrostisce al barbecue meglio di una steakhouseFranco prepara anche le "stigghiuole", tipica pietanza siciliana..
..si fa con le piccole budella dell'agnello o del capretto (con non più di un mese di vita, alimentato solo con il latte della madre) che, una volta lavate dentro e fuori e sfregate con delicatezza con il limone, si attorcigliano a spirale intorno una listarella di lardo dello stesso animale con prezzemolo e aggiunta di saleI vini erano tutti Cottanera dell'azienda vinicola dei Fratelli Cambria. Mi ha colpito in particolare l'Ardenza un Igt Sicilia rosso con un impatto particolarmente felice con le impegnative pietanze proposte dalla trattoria Borrello
Un po' di sano folclore fa piacere, soprattutto se ad esibirsi è il gruppo "Sicilia in Folk"
Molto apprezzati, evidentemente, anche da Pippo Borrello terzo dei fratelli e talentuoso patron della trattoria che con le sue intuizioni ha creato sui Nebrodi un'oasi dove la natura s'integra armonicamente con l'uomo che l'affronta con lealtà, attribuendogli il giusto rispetto dovuto ad una Madre generosa con i suoi figli.

La festa della tosatura

E' tradizione dei Monti Nebrodi (in Sicilia) festeggiare il giorno in cui il calendario ricorda Giovanni Battista (24 giugno) la tosatura delle pecore
Le pecore vengono prima radunate in uno spazio recintato...
... poi vengono prese da una delle zampe posteriori...
quindi vengono messe con le spalle a terra e mentre uno tiene le zampe tra loro vicine, l'altro le lega..
..così sono pronte per essere tosate
La tosatura avviene con una grande forbice, una sorta di cesoia, che le mani esperte di mastro Peppino fanno ruotare intorno la pecora, senza mai tagliarla, liberandola dal vello e donandogli un po' di frescura
La pecora durante la tosatura non è molto rilassata... un timore atavico le fa temere che da un momento all'altro potrebbe essere spinta in un fosso, dove ancora viva e ricoperta di carta da forno verrebbe incendiata e cotta secondo la tradizionale (e speriamo in disuso) ricetta della "pecora nel fosso"
Il vello che mastro Nino ci mostra integro grazie alla sua maestrìa pesa circa tre chili ed il suo prezzo commerciale è di tre euro. Nonostante l'esiguità del prezzo nessuno è disposto a comprarlo ed anzi diventa un ulteriore problema liberarsene in quanto è equiparato dalla normativa in materia ambientale ad un rifiuto speciale. Eppure un tempo non era così. Le pecore venivano tosate ad inizio estate a ridosso dei matrimoni ed i loro velli facevano parte dei corredi delle spose
La festa della tosatura è stata organizzata a Sinagra lo scorso 23 giugno
Il merito dell'iniziativa è stato di Saro Gugliotta (centro della foto), instancabile fiduciario di Slow Food Valdemone (Messina), con lui quest'anno anche i soci del Longano guidati da Nino Gentile (sinistra di chi guarda). Ispiratore Pippo Borrello (a destra), uno dei Fratelli della Locanda Borrello di Sinagra, autentico santuario del mangiar sano (ed anche bene)

mercoledì 6 giugno 2007

Silvana e gli Spaghetti al Fuoco. Diario di Salina


A Lingua di Salina, e non solo, tutti conoscono Silvana D'Albora. Patron e chef del Ristorante il Gambero.
Gestisce con il fratello il ristorante fondato dal padre, mentre le altre due sorelle le possiamo conoscere sempre a Lingua, l'una a reggere il ristorante Portobello e l'altra il Delfino. Silvana è famosa per gli Spaghetti al Fuoco.

Dopo averli provati non ho potuto fare a meno che irrompere nella cucina grande e tutta nuova di Silvana. L'ho trovata con la padella in mano, sicura di se. E' così mi ha rivelato la ricetta. L'ho già provata a casa mia ed è molto piaciuta al mio amico Emilio ed ai signiori Volpe. Ovviamente quella di Silvana è superiore.. ecco la ricetta. Tagliare in due i pomodorini ciliegini e metterli a marinare in olio con sale, aglio, peperoncino fresco e basilico. Dopo circa due ore il tutto è pronto per essere saltato in padella con gli spaghetti appena scolati e molto al dente. Servire con una generosa spolverata di ricotta infornata salata grattuggiata grossolanamente. L'antipasto aveva già rivelato la buona tecnica di Silvana. Gli spiedini di palamito infatti erano particolarmente gustosi, una sapiente marinatura con aceto balsamico e ketchup (segreto strappato a Silvana) gli avevano fatto perdere l'asprezza tipica del palamito, donandogli anche una morbitezza nuova. L'antipasto prevedeva anche una buona frittella di neonata che non poteva essere mangiata dai miei compagni di una cena che s'inseriva nel programma della terza edizione del Salina Isola Slow Food. Tra i temi principali infatti della manifestazione organizzata dal fiduciario di Messina, Saro Gugliotta, non a caso la diffusione di una cultura della pesca sostenibile. A completare l'antipasto il classico orto di salina: cucunci, pomodori secchi, capperi ed involtini di melanzane e peperoni arrosto.
Di buon livello anche l'altro primo piatto. Pennette con pomodorini, tonno, cipolle, acciughe, capperi, melanzane e basilico.

Altra riproposizione del Palamito. I capperi denunciano la "mano eoliana" di Silvana.

Ed infine calamaretti alla malvasia (peccato siano arrivati quando ormai eravamo satolli).

Il vino che ci ha accompagnato a tutto pasto era anch'esso di Salina. Perciato, un Bianco di Sicilia Igt prodotto dalla azienda Fenech.

martedì 5 giugno 2007

Le granite di Alfredo. Diario di Salina


A Lingua di Salina esiste un posto dove fanno le granite che ricordano quelle che le donne arabe offrirono ai Normanni, quando mille anni fa conquistarono la Sicilia, i quali contraccambiarono risparmiando i loro mariti che anzi diventarono importanti funzionari di Ruggero il Normanno.


Questo posto è il Bar Alfredo. Ed ancora oggi gli eredi dei Normanni si lasciano incantare dalle granite degli eredi degli Arabi.
Il segreto della granita di Alfredo è poco zucchero, poco ghiaccio, ed una carpigiani di vecchia generazione, quella che gli addetti ai lavori chiamano a pala. I vecchi bar e laboratori ancora la usano, sebbene sia un pò rischiosa per chi la maneggia. Ma la qualità delle granite ci guadagna moltissimo. Se tale ricetta può valere per le granite a base di frutta, probabilmente cambia relativamente alle granite di caffé.
Il colore chiaro infatti lascia intuire la presenza di aria che deriva da un prolungato passaggio della granita all'interno della carpigiani a pala. Tale effetto non dura molto, pertanto la granita dev'essere tirata ( termine tipico di tale processo usato in Sicilia che vuol dire preparare ) almeno ogni 90 minuti. Ovviamente Alfredo non mi ha rivelato alcun segreto. Quindi le mie riflessioni sono soltanto frutto d'ipotesi che mi hanno manifestato alcuni professionisti della granita cui ho chiesto di immaginare quale fosse il segreto della granita che ha reso famoso Alfredo dal '68 e che di seguito vediamo alla sinistra della foto, con il figlio Pietro a destra ed al centro Saro Gugliotta, fiduciario di Slow Food Messina.
Ma il Bar Alfredo propone anche il Pane Cunsatu. Preparazione tipica delle Isole Eolie.

Lo scorso 1 giugno, in occasione della terza edizione di Salina Isola Slow Food, ho provato il Pane Cunsatu Salina.

Questi gli ingredienti: Pesto di capperi e mandorle, pomodorini, cucunci, melanzane grigliate, ricotta infornata e menta fresca. Pian pianino l'ho digerito.

lunedì 4 giugno 2007

Mamma Concetta, regina dell'A Cannata. Diario di Salina

Esiste un ristorante a Salina dove si mangia molto bene. Così decidi di presentarti in cucina per conoscere lo chef. Una signora piccina ti guarda con l'aria di chi si trova in quel luogo per caso, per errore, magari perché ha confuso la strada di casa. Il suo sorriso è dolce e materno. Senti un calore che non ricordavi da bambino. Intanto interviene la figlia Franca, stesso sorriso della mamma, che t'invita ad uscire. Ma ormai sei dentro e devi conoscere lo chef, altrimenti non te ne vai. "Lo chef è lei, mia madre", rivela Franca.

Così cerchi di farti rivelare la ricetta delle Penne alla Santino, di una bontà tale che ancora ti stai leccando i baffi. Lei, la chef, la signora Maria Concetta Sidoti di 66 anni, assecondando la generosità della sua anima, te lo starebbe per dire, se non intervenisse Franca. Così cominci a chiedergli ma per caso c'erano le zucchine?
- Le zucchine!?!, Forse si!
- Come forse?.. Ma che tipo di zucchine sono??
- Zucchine, zucchine e basta!!!
Insomma alla fine se non intervenisse mamma chef, dispiaciuta e desiderosa di non "farti rimanere male", non avresti saputo che gli ingredienti sono pomodorini e zucchine piccole dell'orto di casa, rucola, cotti tutti insieme da crudo.

Rimaneva da chiedere com'era stato condito il polipo in insalata, la cui cottura peraltro gli donava una croccantezza inaspettata, così come la marinata di pescespada ed il tonno in olio presentavano una freschezza da farti sospettare che fino ad allora mai nessuno te li aveva saputi proporre.

Avrei chiesto in particolare come si fanno le polpettine di ricciola in agrodolce. Il finocchietto selvatico, l'uva passa, i pinoli (tostati), la cipolla chiara, erano evidenti, ed anche le polpettine si notava che avessero subito una breve seppur intensa immersione nell'olio caldo. Ma a sorprendere è la stata la consistenza delle polpettine, né asciutte né mollacchie, ed il gusto di pesce che veniva chiaramente percepito senza che la chef si fosse aiutata con le "tonnelate" di aglio a cui tante cucine di pesce poco felici ci hanno, nostro malgrado, abituato. E poi chi avrebbe pensato ai peperoni con le mele? Ed alle segale con l'uva passa ed i pinoli. E la caponatina? Anni luce più leggera di quelle cui ci ha abituato la millenaria tradizione siciliana.
Sono stato ospite del ristorante A Cannata a Lingua (Salina), domenica 3 giugno, durante la terza edizione del Salina Isola Slow Food. Il vino che ci ha accompagnato a tutto pasto era un buon Etna Bianco dell'azienda Barone di Villagrande, che con la sua accentuata sapidità ha saputo contrastare e valorizzare la diffusa dolcezza della cucina di Maria Concetta Sidoti: dolce come lei!

Storie di capperai. Diario di Salina

Salvatore Famularo aveva 12 anni quando il padre gli affidò la cura di quei pezzi di terra di Salina che appartenevano al nonno ed al nonno di suo nonno. Da allora sono trascorsi 19 anni e Salvatore continua ogni mattina ed ogni sera ad accudire quelle piccole piante, da cui nascono fiori bellissimi ornamentali. Ma il ritorno economico è dato dal commercio dei boccioli floreali ( i capperi così come li troviamo nella nostra dispensa) e dai frutticini giovani, chiamati cucunci, lavorati sott'aceto e molto graditi a corredo degli aperitivi milanesi. Ad aiutare Salvatore la moglie Loredana e la madre Nunziatina che insieme hanno ospitato i partecipanti al Laboratorio sul cappero organizzato in occasione della terza edizione di Salina Isola Slow Food.
Dopo la loro raccolta, ai capperi viene aggiunto il sale marino nella misura del 30% del loro peso, ogni giorno i capperi vengono rimescolati, fin quando il loro colore - dopo circa un anno - non raggiungerà quella tonalità di verde militare che dimostrerà che sono pronti per essere confezionati e distribuiti.
Marco Maxia è un perito agrario che dopo aver trascorso delle importanti esperienze lavorative in Inghilterra è tornato a casa, a Selargius 5 chilometri da Cagliari. Ha chiesto a molti di affidargli dei terreni abbandonati ed ha cominciato a coltivargli Capperi. A credere in lui, il padre Giovanni e la madre Giuseppina. E con loro anche la moglie Manuela. Ma i capperi di Selargius non sono come quelli di Salina, sono più piccoli, pesano un terzo ed i rami producono in media sei fiori cadauno contro i venti di Salina. Così Marco, 31 anni come Salvatore il capperaio di Salina e che, come quest'ultimo, ha dato alla sua prima figlia il nome della terra e della fecondità: Gaia, si è scervellato per far quadrare i conti, lavorando di fantasia, forse l'unica qualità che unisce davvero gli italiani di tutte le regioni. Ed ecco i patè di capperi, i capperi sott'aceto ed altri semilavorati che oggi fanno bella nostra di se sugli scaffali delle botteghe dedicate ai gastronomi.